Profil
ustreljen kot talec na via Ghega v Trstu, skupaj z drugimi 50 mučeniki
partizan (G.A.P.) od leta 1943
http://www.anpibrindisi.it/scheda-anagrafica/indice-della-memoria/eftimiadi-marco-marco-eftimiadi-partigiano-martire/
Nel 1952 l’Università di Trieste deliberò la concessione postuma ad honorem della laurea in economia e commercio allo studente brindisino di origine albanese Marco Eftimiadi.
articolo dal sito bora.la
MARCO EFTIMIADI era nato a Brindisi il 24 gennaio 1921. Era partigiano dal 9 settembre 1943 nella formazione G.A.P. del IX° Korpus dell’ Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo (EPLJ). Venne impiccato assieme ad altri cinquanta ostaggi a Trieste in via Ghega il 23 aprile 1944 sulla scalinata del palazzo che oggi ospita il Conservatorio Tartini. Eftimiadi, studente alla facoltà di scienze economiche e commerciali dell’ Università di Trieste era entrato nell’ antifascismo attivo alla fine del 1942. Dopo l’armistizio del settembre 1943 non potendo come era suo vivissimo desiderio recarsi fra i partigiani in montagna a causa di una imperfezione fisica, entrò nell’organizzazione clandestina comunista della Resistenza “Fronte della gioventù ” che operava a Trieste.
Fu arrestato nella notte del 1 marzo 1944 da una decina di militi della S.S. insieme ad altri dirigenti della Resistenza e rinchiuso nelle segrete del comando SS di piazza Oberdan e successivamente nelle carceri del Coroneo.
Sopportò eroicamente le feroci torture cui tu sottoposto durante la prigionia e non tradì i compagni di lotta. Il 23 aprile 1944 il giornale di Trieste “Il Piccolo” titolava: “Un attentato dinamitardo al “Deutsches Soldatenheim” e di seguito: “Ieri, sabato, elementi comunisti hanno compiuto un attentato dinamitardo al “Deutsches Soldatenheim” a Trieste che è costato la vita ad alcuni soldati tedeschi e ad alcuni civili italiani. Sono state arrestate in gran numero persone della cerchia più vicina agli attentatori. La Corte marziale ne ha condannate a morte cinquantuno. La sentenza è stata eseguita immediatamente.”
Il “Il Giornale di Trieste” del 17 aprile 1954 ricordava i “martiri di via Ghega” citando anche Marco Eftimiadi: “[…] L’ esecuzione avvenne di buon mattino e sembra durasse piuttosto a lungo nonostante la cruda semplicità del cerimoniale. Una delle vittime – lo studente Marco Eftimiadi di ventidue anni – venne prelevato dall’ infermeria del Coroneo alle sette del mattino, ma sembra ch’ egli sia stato uno degli ultimi a salire il patibolo. Citiamo il suo nome, fra i tanti, perché sulle sue ultime ore abbiamo raccolto qualche testimonianza. Era stato arrestato in seguito alla delazione di un rinnegato: sorte ch’egli ebbe in comune con moltissime altre vittime di quegli anni terribili. Si trovava al Coroneo già da un mese. Un mese d’ inferno, fra continue intimidazioni e torture. Non parlò, non fece un nome, non disse nulla che potesse compromettere la causa. Quando vennero a prelevarlo, quella mattina, disse ai suoi compagni di prigionia che non gli importava di morite: “Mi vendicheranno” – disse. Ma parlò senza odio nella voce come se dicesse una cosa ovvia[…..]”.
Ancora da quell’ articolo: “[…] Il giorno stesso della strage, quando i familiari delle vittime giunsero alle porte del carcere per recare i soliti pacchi ai detenuti, questi furono respinti. Chi chiedeva notizie del suo caro riceveva una sola risposta: “Non è più qui”. Senza altra indicazione o commento. Molti attesero la fine della guerra con la speranza di veder ritornare il loro caro da un campo di concentramento. Ma qualcuno sospettò subito quanto era avvenuto e ne ebbe tremenda conferma passando di fronte al tragico palazzo di via Ghega, alle cui finestre vide penzolare il corpo inanimato del figlio, del fratello o della moglie.
Sulle modalità dell’esecuzione si hanno due diverse versioni. Vi è chi afferma che le vittime predestinate giunsero sul luogo del sacrificio già quasi incoscienti per l’effetto del gas che sarebbe stato immesso nei camion durante il trasporto dalle carceri a Palazzo Rittmeyer: altri i dice che i martiri affrontarono il sacrificio con piena coscienza e che il loro comportamento fu eroico. A gruppi di cinque salirono l’ ampio scalone, dovettero quindi montare, spinti dai boia nazisti, sulla ringhiera di marmo e furono infine scaraventati nel vuoto con al collo un nodo scorsoio. Quando non ci fu più posto e non vi furono più colonnine della balaustra per sostenere altri corpi, i tedeschi trovarono subito altre forche improvvisate e i cappi vennero fissati alle imposte delle finestre e agli armadi a muro. Cinque giorni più tardi, un gruppo di SS veniva inviato sul posto a recidere con la baionetta le corde che sostenevano ancora i corpi dei martiri, e questi caddero nella tromba dello scalone, ove erano ad attenderli altri SS per gettarli nelle bare.[…]”
da processo Risiera, 1976:
EFTIMIADI MARCO EFTIMIADI MARKO albanese laurea h.c.